giovedì 17 ottobre 2013

La parola allusiva ed evocativa nei testi di Alfonso Gatto

Il poeta salernitano Alfonso Gatto (1908/1976) è tra i fondatori della rivista fiorentina "Campo di Marte", che ha avuto una funzione fondamentale nell'affermazione dell' Ermetismo. I suoi testi degli anni trenta sono considerati esemplari    per l'uso privilegiato dell' analogia, della parola evocatrice ed allusiva di  molteplici significati, secondo la linea tracciata da Ungaretti, che ha costituito un punto di riferimento per questa esperienza poetica. La concezione della poesia "pura", distaccata dalla realtà contingente, tipica di questo movimento, entra in crisi col secondo conflitto mondiale, facendo emergere la necessità di aprirsi maggiormente alla Storia.




Abbiamo letto e commentato i testi, li abbiamo confrontati con quelli di Quasimodo e di Ungaretti ed infine abbiamo montato il video,  abbinando le poesie  ai  luoghi ed alla musica,  quasi a creare un percorso culturale  tra  scrittura, immagini, note musicali:





La poesia Salerno di Alfonso Gatto ritrae in soli tre versi, rimati tra di loro, le sensazioni che gli vengono trasmesse dalla sua terra natale. Il poeta paragona l'inverno dolce all'eterno. Questa però è un'antitesi, giacché l'inverno è una metafora e sta a indicare la tristezza. Una dolce tristezza in riferimento a Salerno simboleggia la nostalgia dell'autore.
Ci sono similitudini e differenze tra questa poesia e Mattina di Ungaretti. Entrambe le poesie sono corte e apparentemente semplici e hanno dei riferimenti all'infinito.
Mentre Mattina ci trasmette una sensazione positiva dell'infinito attraverso la luce che si irradia, Salerno trasmette una sensazione negativa tramite una nostalgia senza fine.
Mattina viene spesso paragonata a Ed è subito sera perché entrambi i componimenti cercano la verità attraverso l'illuminazione. Nella poesia di Quasimodo però la luce ha una connotazione negativa perché trafigge, ferisce l'uomo.
João Pedro Diniz, IV ITC



L'erta
Quella cima maledetta
più si allunga se guardata,
i miei passi di formica
sono lotte di un´ armata.
S´ arrende il sole all'orizzonte
Mentre la sera invade il fronte.
Amata cima ti ho conquistata,
ma la guerra non è finita,
domani è un'altra giornata.
Agustin Quinoñez, IV ITC



Nella poesia Salerno, il poeta Alfonso Gatto utilizza caratteristiche letterarie ermetiche, come la brevità e l'estrema concisione. Fa la sua riflessione a partire da un luogo che per lui ha un riconoscimento speciale, la terra natale.
Nei primi due versi “Salerno rima d´inverno / o dolcissimo inverno”, secondo me l´autore si riferisce nostalgicamente ad una bella stagione di questa città, dove è nato, ha vissuto, ha avuto belle esperienze. Nel terzo verso l´aggettivo “eterno” in rima con “Salerno” esprime il sentimento che ha con la città, una città che non uscirà mai dalla sua memoria, una città che gli lascerà sempre un buon ricordo, la dolcezza di certi momenti, odori, persone.
Pedro Rena Todeschi, IV ITC



Da poeta ermetico Gatto ha scritto poesie chiuse, con un linguaggio di difficile interpretazione, pieno di analogie e figure retoriche. Si vede la celebrazione della terra natale come risultato di una certa nostalgia e il gioco di parole attraverso l´ambivalenza dei significati, le rime perfette e le sue varianti consonanti. In Alba a Sorrento da subito si parte con le sensazioni, facendo riferimento al freddo, ma anche ai limoni, che portano alla memoria un gusto e un profumo che si intensifica con l'utilizzo della parola “esalare”. Subito dopo possiamo rivedere lo stesso meccanismo con i rami d'arancio e il vento che trasporta il polline dei gerani. Con i “monti pallidi” il poeta richiama la nostra sensazione visiva, così come fanno i “fanali”, mentre con le “voci remote” e le “ruote dei primi carri” richiama la sensazione uditiva.
Rispetto agli aspetti proprio tecnici, abbiamo una rima perfetta tra cancelli/monelli ed una consonante tra rosate/remote. Il titolo, a sua volta, rappresenta l'esaltazione della terra madre.
Possiamo relazionare questo testo con Vento a Tindari di Salvatore Quasimodo, che si riferisce a Tindari come terra madre e attribuisce ad essa le bellezze della sua memoria, facendo sempre riferimento a sensazioni visive, attraverso la descrizione dei luoghi, ma anche ai suoni e alle analogie.
Ananda Campolina, IV ITC



Alla luce che spira
Piange.
Nell'ombra dei sospiri sfuggiti
e persi, volanti e disperati
sparsi nella bianchezza del velo,
la finestra del treno fa gli occhi appannati,
oscillanti al tempo stesso.
Vide quello che era passato
si rende manifesto il non fatto:
occhi fissi alla stazione finale del treno.
Lorraine Kelly Ribeiro Moia, IV ITT



Il bosco
Mi guardo attorno ma nessuno c'è
solo alberi fitti e lunghi in vista.
Quando guardo in cielo un raggio di luce mi rallegra
quando me ne accorgo la notte se ne è già impossessata.

La poesia il bosco è composta da due strofe, ognuna di due versi liberi. Parla di un momento della vita dell'autore che si trova in difficoltà. Gli alberi simboleggiano le persone che non si accorgono della sua esistenza, perciò si sente solo. L'autore si sente piccolo in questo bosco infinito e quando la felicità è arrivata e pensa che durerà per sempre è già finita.
Pedro Herique Ferreira Duarte, IV ITC




Il poeta Alfonso Gatto nella poesia “Alba a Sorrento” descrive l’alba proprio in questo luogo, caratterizzato dai limoni, dai rami d’arancio, dai gerani, dal vento e da un sole ancor tranquillo, mettendo in evidenza il silenzio di questo momento e la solitudine.
In questi versi il poeta utilizza il suo inconfondibile linguaggio ermetico, come si può vedere dall’uso di certe parole che evocano immagini o alludono a situazioni.
Le rime sono sparse, perfette tra cancelli/monelli, persiane/cane, consonanti tra rosate/remote.
La poesia di Salvatore Quasimodo “Ed è subito sera” racchiude in pochi versi il significato profondo delle parole. Nel primo verso il poeta esprime la solitudine dell’uomo che si trova al centro delle cose, dove la vita pulsa; nel secondo il raggio di sole trafigge l’uomo, lo colpisce, trasformando il raggio stesso in un portatore di dolore; nell’ultimo verso viene la sera, simbolo della fine. Ho messo in relazione queste due poesie perché mi sono molto piaciute. Entrambe evidenziano la solitudine esistenziale, una a partire da riflessioni su un posto e l’altra sull’uomo.

Vitòria Zuppo, IV ITT


Prof.ssa Maria Monteforte
Classi IV ITC e IV ITT

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