mercoledì 9 ottobre 2013

La storia tra musica e poesia

Il filo conduttore dei tre testi è la storia, una concezione che scaturisce da un musicista, un poeta, un drammaturgo che con essa si confrontano in momenti e in ambiti diversi del '900 giungendo a conclusioni “nuove”. Siamo di fronte a una storia maestra di vita, come dicevano i latini, al concetto della storia siamo noi di De Gregori, al brechtiano chi ha cucinato la cena della vittoria, o al pessimismo radicale del poeta Montale le cui definizioni sono tutte al negativo?
Tu che ne pensi?            
                                           

FRANCESCO DE GREGORI, "LA STORIA SIAMO NOI"




Facendo uso di metafore, chiasmi, anafore, anastrofe, antitesi, rime, accorgimenti in genere riservati al testo poetico, il cantautore italiano Francesco De Gregari ci invita a suon di musica, a essere consapevoli.
Consapevoli che la storia siamo noi, non quelli più forti o quelli più ricchi, ma tutti quanti. De Gregori canta l’importanza del popolo, protagonista dei tempi in cui vive. Ribadisce, ripetendolo più volte, una concezione “moderna” di storia: siamo noi i protagonisti, nessuno escluso. Quindi, più che della storia come maestra di vita dobbiamo parlare delle generazioni passate, degli uomini come maestri di vita, dato che siamo noi i muratori!
Ananda Campolina, classe IV ITC


EUGENIO MONTALE, LA STORIA, "SATURA", 1962-1970


Eugenio Montale
                                     

La storia non si snoda
come una catena
di anelli ininterrotta.
In ogni caso
molti anelli non tengono.
La storia non contiene
il prima e il dopo,
nulla che in lei borbotti
a lento fuoco.
La storia non è prodotta
da chi la pensa e neppure
da chi l’ignora. La storia
non si fa strada, si ostina,
detesta il poco a poco, non procede
né recede, si sposta di binario
e la sua direzione
non è nell’orario.
La storia non giustifica
e non deplora,
la storia non è intrinseca
perché è fuori.
La storia non somministra carezze o colpi di frusta.
La storia non è magistra
di niente che ci riguardi. Accorgersene non serve
a farla più vera e più giusta.
La storia non è poi
la devastante ruspa che si dice.
Lascia sottopassaggi, cripte, buche
e nascondigli. C’è chi sopravvive.
La storia è anche benevola: distrugge
quanto più può: se esagerasse, certo
sarebbe meglio, ma la storia è a corto
di notizie, non compie tutte le sue vendette.
La storia gratta il fondo
come una rete a strascico
con qualche strappo e più di un pesce sfugge.
Qualche volta s’incontra l’ectoplasma
d’uno scampato e non sembra particolarmente felice.
Ignora di essere fuori, nessuno glie n’ha parlato.
Gli altri, nel sacco, si credono
più liberi di lui.



Montale fornisce la propria definizione di storia per esclusione elencando tutto quello che la storia non è. Attraverso l'anafora la storia, la storia, il poeta dà una serie di definizioni tutte negative per indicare semplicemente quanto essa non sia estranea all'uomo: la storia non si snoda, un fatto non si lega a quello successivo, non c'è una relazione causa-effetto come gli studiosi pensano. 
L'autore nega sia la concezione marxista, che vede nel proletariato un protagonista della storia e che però allo stesso tempo lo ignora, sia l'idealismo perché la storia non è prodotta dal pensiero. La poesia ci dimostra una visione antistoricista e radicalmente pessimista che non prevede un possibile miglioramento dell'umanità.
Ester Dias, IV ITT




BERTOLT BRECHT, DOMANDE DI UN LETTORE OPERAIO, 1939




Tebe dalle Sette Porte, chi la costruì?
Ci sono i nomi dei re, dentro i libri.
Son stati i re a strascicarli, quei blocchi di pietra?
Babilonia, distrutta tante volte,
chi altrettante la riedificò? In quai case,
·di Lima lucente d'oro abitavano i costruttori?
Dove andarono, la sera che fu terminata la Grande Muraglia,
i muratori? Roma la grande 
è piena d'archi di trionfo. Su chi
trionfarono i Cesari?
La celebrata Bisanzio 
aveva solo palazzi per i suoi abitanti? 
Anche nella favolosa Atlantide 
la notte che il mare li inghiottì, affogavano urlando 
aiuto ai loro schiavi. .
Il giovane Alessandro conquistò l'India.
Da solo?
Cesare sconfisse i galli.
Non aveva con sé nemmeno un cuoco?
Filippo di Spagna· pianse, quando la flotta
gli fu affondata. Nessun altro pianse?
Federico II vinse la guerra dei Sette Anni. Chi,
oltre a lui, l'ha vinta?
Una vittoria ogni pagina.
Chi cucinò la cena della vittoria?
Ogni dieci anni un grand'uomo.
Chi ne pagò le spese?
Quante vicende,
tante domande.





La storia non giudica, ma condanna, è l'osservatrice che scaglia la prima pietra.
La storia non è il dittatore oppressore, ma l'oppressore silenzioso.
La storia non è colui che combatte la guerra, ma colui che la vuole di meno.
La storia è l'eroe valente e l'orfano lottatore, il soldato invalido e lo schiavo sognatore.
La storia è l'ulivo in mezzo alla battaglia, la storia è tutto e niente, niente e tutto.
La storia siamo tu e io, la storia siamo noi.                         
Agustin Quinonez, IV ITC                                                                    


Prof.ssa Maria Monteforte

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